07/04/11

Canocie ossia "Cicale di mare bollite"

Nella pentola prima di cucinarle
Probabilmente è una delle ricette più semplici da realizzare e fa parte di tutte quelle ricette che vanno a costituire il classico bollito misto.
Si parla di Cicale di Mare o come vengono chiamate dalle mie parti Canocie.





Ingredienti

1/2 Kg di cicale - circa 15 - (4 persone)
Qualche fetta di limone

Discussione deli ingredienti
La Cicala di Mare o Pannocchia (squilla mantis), denominata dalle mie parti Canocia, è un crostaceo che vive nei fondali sabbiosi dell'Adriatico ed assomiglia vagamente ad una mantide religiosa. Vive coperta dalla sabbia ed esce con il mare mosso ma, nei mesi di novembre e dicembre, è in pieno periodo di accoppiamento ed esce dalla tana per deporre le uova. E' questa quindi la stagione migliore per la sua pesca. Nei periodi di Luna Piena solitamente presentano il corallo cha ad alcuni piace e ad alcuni non piace. A me, in particolare, non piace, non tanto per il sapore che è piuttosto neutro, ma per la sua consistenza granulosa.
La carne della Cicala di mare è particolarmente pregiata e non ha nulla da invidiare ad altri pregiati crostacei. La Cicala di mare DEVE essere VIVA. La Cicala quando si acquista deve ancora muoversi. Infatti la cicala di mare se non è viva si disidrata e quando la cucinerete rimarrà praticamente solo il carapace.
Tuttavia è possibile congelarla. ATTENZIONE non va congelata cruda ma cotta. Ossia le potete bollire e successivamente congelare.
Mezzo Kg di cicale di mare vanno più che bene se si tratta di fare un antipasto per 4 persone. Se invece è una portata (un secondo nella fattispecie) direi che 1/2 Kg vanno bene per 2.


Esecuzione

Vi sono due scuole di pensiero:

Le cicale vanno messe in pentola con l'acqua fredda e sono pronte quando l'acqua bolle.
Le cicale vanno tuffate nell'acqua bollente e sono pronte dopo 10 minuti.

Più facile di così!

Non vi è una sostanziale differenza. Infatti la carne della cicale non si lessa per contatto con l'acqua ma per riscaldamento dell'acqua che esse stesse contengono dentro al carapace.
Tenderei a dire che la seconda (tuffarle nell'acqua bollente) sarebbe ad onor del vero più corretta (vedi ricetta della Granseola). Comunque sia, l'acqua non deve essere abbondante ma deve essere giusto quel tanto che basta a ricoprire le cicale.
Scolate dopo la bollitura
Nell'acqua in genere metto qualche spicchio di limone che attenua l'odore della cicale ma non ha alcun effetto sul risultato finale (si potrebbe eventualmente mettere un po' d'aceto).
Pulite e pronte per essere servite
Una volta bollite si tolgono dall'acqua e si lasciano raffreddare. Adesso arriva il bello. Infatti la Cicala di Mare non dovrebbe essere servita così com'è ma va "curata" e presentata senza il carapace (il discorso è diverso se vengono stufate [canocie in tecia - ricetta in lavorazione] o se fatte alla busara). Come si "capa" una Cicala?. Si prende la cicala e con una forbice si tagliano le zampette. Si tagliano le antenne. Poi si taglia con mano ferma entrambi i bordi partendo dalla coda verso la testa fino al secondo anello del carapace (contando dalla testa verso la coda). Fatto questo, dopo aver eventualmente spuntato la coda, dovreste riuscire a togliere la parte superiore del carapace lasciando la carne attaccata alla parte inferiore. Fatto questo siete pronti a servirle. Si servono fredde per cui le potete preparare anche qualche ora prima della cena.


Pescheria di Chioggia
PS I
A dicembre/novembre nelle giornate di maltempo si dice che "le Canocie vien a riva" (trad: le Cicale escono allo scoperto). Infatti dopo un periodo di brutto tempo in pescheria a Chioggia potrete trovare Canocie come piovesse.. ossia di qualità eccezionale, solitamente a buon mercato e soprattutto, la cosa più importante, vive e pescate al massimo da qualche ora.

PS II
Sempre a dicembre/novembre la qualità è in genere al top tanto che si dice "A Santa Caterina megio 'na canocia de 'na galina".

Bassorilievo entrata pescheria
PS III
Se venite a Chioggia visitate la pescheria al minuto (tutte le mattine inclusa la domenica - sconsiglio il lunedì). E' un'esperienza! Oltre ai colori, alla gente e ai banchi pieni di pesci di tutte le specia ammirate anche il bassorilievo all'entrata della pescheria. E' un'opera di una certa importanza e di pregevole fattura.

PS III
È possibile consumare la Canocia anche cruda: la difficoltà maggiore in questo caso è sgusciarla, poiché la corazza della canocchia cruda non è facile da separare dalle carni. La carne è notevole e fa bene il paio con qualche scampo fresco magari di Manfredonia (i più buoni in assoluto).

PS IV La polpa contenuta nelle chele è probabilmente il bocconcino più buono quindi provate a romperle con i denti e mangiarne il contenuto.

23/03/11

Moscardini bolliti

Il moscardino (eledone moschata) rappresenta uno dei più tipici "spunciotti" della mia zona. Lo spunciotto sarebbe un bocconcino da mangiare per accompagnare un bicchier di vino a guisa d'antipasto.
Questa che riporto è una variante "semplice" e casalinga. Si tratta di moscardini bolliti da servire come antipasto o come elemento di un antipasto più strutturato: il classico bollito misto. In particolare sul bollito misto ritornerò con un futuro articolo dopo aver postato tutte le singole ricette degli elementi che lo potrebbero comporre.
La realizzazione di questa ricetta rasenta il banale sebbene mia madrre, peraltro ottima cuoca, non sia mai riuscita a presentarmi un moscardino come si deve.

Ingredienti
8 moscardini piccolini (2 per persona)
2 litri e mezzo d'acqua
Mezzo limone
Mezzo bicchierino di aceto
3 chiodi di garofano
4 grani di pepe
Una punta di cucchiaio di sale grosso

Discussione degli ingredienti

L' Eledone moschata, meglio noto come moscardino, è un mollusco della famiglia degli Octopodidae. Il moscardino ha il corpo di forma ovale, in cui si può distinguere nettamente la testa dal corpo, più sottile ed allungato, ed è sacciforme, con gli occhi laterali sporgenti.
Dal corpo del moscardino, si diramano invece otto braccia, esili ma molto lunghe, ognuna dotata di una fila di ventose; questi tentacoli sono uniti da una leggera membrana azzurra. Il moscardino, sebbene ricordi per molto aspetti il polpo, ha un colore più scuro, tendente al bruno ed ha dimensioni medie, tra i 15-40 cm.


Il moscardino è una specie endemica di tutto il Mediterraneo, soprattutto dell'Adriatico, dove si pescano la metà dei moscardini prodotti a livello nazionale; esso vive in fondali fangosi, tra i 15 e i 90 m di profondità e viene pescato attraverso reti a strascico praticamente in tutte le stagioni (in particolare nelle stagioni primaverili) sebbene di dimensioni diverse.


Realizzazione

Innanzitutto bisogna pulire i moscardini. In genere io tolgo anche il contenuto della sacca sebbene alcuni lascino le interiora. Oltre a togliere le interiora dovrete lavare per benino i tentacoli sotto l'acqua corrente. Infatti i moscardini vivono in fondi sabbiosi e fangosi e tra i tentacoli si annidano i nemici invisibili dell'igiene... no scherzo... si tratta di pulire bene perchè i residui di sabbia rovinerebbero il piacere di mangiare il moscardino.

In una pentola mettere a bollire l'acqua con il mezzo limone tagliato in due spicchi, il mezzo bicchierino d'aceto, i chiodi di garofano, i grani di pepe e la punta di sale grosso. La mancanza di uno di questi ingredienti di per se non stravolge il risultato. Infatti limone e aceto servono soprattutto da un punto di vista olfattivo più che organolettico.

Comunqu sia, una volta che l'acqua bolle, si prendono i moscardini uno ad uno per la sacca si inzuppano nell'acqua come i biscotti. Si tuffano solo i tentacoli non la sacca e le vostre dita!. Questo lo fate per tre volte di seguito più o meno. Il risultato dell'operazione sarà che i tentacoli si arriceranno. Dopo di che si tuffano definitivamente nell'acque sempre a bollore.

Una volta gettati nell'acqua bollente i moscardini si lasciano bollire per circa 20 minuti, coprendo quasi totalmente con un coperchio lasciando cosi' fuoriuscire il vapore. La pentola deve stare su un fuoco diciamo vivace.

Appena cotti scolare e lasciare raffreddare. Li potete preparare anche un'ora, mezz'ora prima di servirli senza problemi.  Se li dovete preparare con grande anticipo (mezza giornata per dire) dovrete avere l'accortezza di tenerli "umidi". Potete metterli in un recipiente chiuso con un pochino (pochino ho detto) della loro acqua di cottura. Non dovete coprirli in questo caso dato che dopo tanto tempo completamente a mollo tenderebbero a disfarsi.

Al momento di servirli sistemarli nel piatto con i tentacoli rivolti verso l'alto; Li servirete così con una spruzzata giusto di prezzemolo fresco. I vostri commensali, a piacere, potranno condire i moscardini con olio d'oliva, limone e pepe e li mangeranno allegramente.

Ovviamente i puristi saranno orripilati dal fatto che ho consigliato di togliere il contenuto della sacca. Tuttavia così facendo non metterete a disagio i vostri ospiti che saranno sempre incerti se il contenuto della sacca vada mangiato (e lo si può fare pur avendo un gusto piuttosto deciso ed una particolare consistenza) oppure no.

21/01/11

Le granseole "classiche"

Amici voi sapete che io sono ghiotto di granseola. Ho già riportato la ricetta della zia Lelli. Tuttavia mi è stato chiesto di scrivere anche la ricetta "classica" della granseola. In particolare mi riferisco a come si gusta dalle mie parti.
La ricetta è banale nella sua esecuzione. Il problema è il "dopo cottura". Infatti pulire la "granseola" è un'operazione lunga senza contare il fatto che le tue mani odoreranno di crostacei per qualche lustro.

Granseole (4 persone)

2 Grancevole/Granseole (ma anche Gransoni se volete)

Base della bollitura
2 litri e mezzo d'acqua
Mezzo cucchiaio di sale
Bicchierino d'aceto

Discussione deli ingredienti
"Gransoni" e "Granseole" o "Grancevole". Con questi termini si indicano il genere maschile e femminile della Grancevola (Maya Squinado). Il primo è generalmente di dimensioni più generose. La seconda ha carni più delicate. Da comprare vivi. E' magrissima e ricca di proteine nobili, calcio, fosforo e vitamine del gruppo B. 100 gr. di polpa forniscono circa 80 calorie pari a 65 gr. di carne di manzo magra.
PS La grancevola deve essere tuffata nell'acqua bollente viva. Smitizziamo un fatto una volta per tutte. Quando il crostaceo (si tratta di crostaceo.... cozze, ostriche e vongole sono molluschi) viene tuffato nell'acqua bollente lo shock termico è tale che lo stordimento è immediato e la sofferenza non è prolungata nel tempo. Se li tuffate nell'acqua fredda che portate ad ebollizione invece li uccidete lentamente. Tenete presente che in natura anche le Grancevole non vanno per il sottile. Spezzano e tranciano con le loro chele piccole ed indifese prede. E poi ricordate o tutto o niente. Non potete avere compassione dell'aragosta o del povero cavallo quando invece del maiale, che evidentemente ha scarsa coscienza sindacale, non si butta via niente. La scelta è tra essere vegetariani o onnivori.... o forse anche il sedano soffre?

Esecuzione
Quando l'acqua bolle (ripeto: "quando l'acqua bolle") si tuffano le due grancevole. Calmatele dicendogli che le farete fare una bella sauna salutare che farà tanto bene alla loro pelle (le grancevole sono donne e quindi ci cascheranno come pere).
Mettete il coperchio ed aspettate. Diciamo che io le bollisco per 18 minuti in genere. Con questi tempi la carne rimane abbastanza morbida. Oltre tende a seccarsi soprattutto quella delle chele.
Passati i 18 minuti (anche 20 va bene) spegnete il fuoco, attendete qualche minuto, estraetele dall'acqua ed iniziate ad estrarre la polpa (e solo la polpa). Al più potete estrarre anche quel che comunemente viene chiamato "corallo" se è abbastanza consistente.
Raccogliete la carne estratta in una ciotola che riporrete chiusa al fresco fino al momento di servire (va bene anche il frigo avendo tuttavia cura di toglierla dal mezz'ora prima di servire). Potete prepararle la mattina per la sera o per il giorno dopo (non oltre a mio avviso).
La servite così al naturale. Buon olio d'oliva, macinata di pepe, strizzata di limone e prezzemolo fresco. Va mangiata con i bossolà!
Se volete far colpo tenete da parte il carapace che foderate con una foglia di radicchio di Chioggia e lo usate come coppa nella quale servire il crostaceo. Il carapace lo dovete lavare per benino e spazzolarlo altrimenti puzzerà in maniera indecorosa. Lo potete anche conservare per le volte successive se volete. Al più passatelo in lavastoglie o disinfettatelo con un pochino d'ammoniaca.
Attenzione che con una granseola in genere si fa un antipasto per due e quindi dovete provvedere a metterne qualcuna da parte. Attenzione bis.... I carapaci li dovete lavare con l'ammoniaca se li volete conservare

Per le modalità con cui si estrae la carne della granseola vi rimando ad un prossimo articolo.
Il problema è che non riesco a fare due cose contemporaneamente ossia pulire la granseola e farmi le foto.....

09/11/10

Amadio

Amadio era un uomo piuttosto giovane, sebbene non giovanissimo, disturbato psicologicamente che si aggirava per le strade del mio paese. Pochissimi penso lo abbiano sentito parlare. Io per lo meno non ho mai avuto questa fortuna. Camminava continuamente, spedito, accompagnato da una sigaretta perennemente accesa che pendeva tra le labbra.

Amadio, il cui stato mentale si favoleggiava fosse dovuto ad una delusione amorosa, era un'ombra silenziosa e schiva che si aggirava per le strade con la leggerezza e la malinconia di una foglia sospinta da una folata di vento autunnale. Era conosciuto, molto conosciuto, non solo dai fumatori che lui, tutti indistintamente, utilizzava come personale riserva di tabacco.

Trovavo incredibilmente strano che una persona così schiva fosse divenuta nel tempo una personalità. E' vero del resto che quando il suo mondo si mescolava e scontrava con il mondo dei "normali" Amadio diventava protagonista di episodi stucchevoli che concorrevano a definirne la fama.

Spiegare Amadio è impossibile ma un aneddoto piuttosto noto che lo riguarda, spesso magistralmente "interpretato" da un mio amico dotato di innato talento teatrale, potrebbe in qualche maniera far intuire quale misterioso e sorprendente universo lui frequentasse.

Successe infatti che Amadio, una sera, entrò in un caffè del centro. Si avvicinò al bancone e li si fermò senza degnare nessuno di uno sguardo. Il barista incuriosito della comparsa di questa entità si portò, dall'altra parte del bancone, di fronte a lui e chiese se volesse qualcosa. Amadio farfuglio qualche parola che dovette suonare pressappoco come "...si un caffè...".

Il barista preparò il caffè e lo appoggio sul bancone da dove Amadio lo prese e lo sorseggiò con imperturbabile calma.

Dopo aver bevuto il caffè si girò e si avviò, senza pagare, verso l'uscita camminando, come suo solito, con lo sguardo rivolto a terra assolutamente assorto, rapito com'era dal suo mondo interiore nel quale oramai si era perso da anni. Vedendo che se ne stava andando, il barista si rivolse a lui e quasi gridando, da una parte all'altra del bar, disse: "Amadio i schei?".

Il tono, piuttosto incredulo direi, era una via di mezzo tra una domanda ed una affermazione. Il barista sapeva di porre una domanda a chi non necessariamente ne comprendeva il contesto e il senso.

Tuttavia anche se il volume era sostenuto la voce del barista fu ben udita da tutti i convettori tanto che il brusio di fondo formato dal chiacchericcio dei presenti cessò immediatamente.

Non ci è dato a sapere come quella specie di domanda fosse risuonata nella testa di Amadio fatto sta che lui si fermò improvvisamente mentre stava varcando l'uscio del caffè.

Con la mano sinistra Amadio teneva ferma la porta d'ingresso che aveva appena aperto spingendola. La tensione era palpabile e molti avevano la sensazione che stesse per accadere qualcosa di incredibile o strabiliante. Amadio si raddrizzò lentamente e contemporaneamente, molto lentamente, si voltò alla sua destra continuando a tenere aperto l'uscio con la sinistra. Sollevò la sua mano destra con leggerezza come se avesse lanciato qualcosa senza peso per aria e guardando con curiosa benevolenza il barista Amadio disse: "...ti me li darà!".

01/11/10

Le granseole della zia Lelli

Si tratta di una ricetta piuttosto complessa nella sua elaborazione ed anche originale.
La zia Lelli, tra l'altro, fa parte di un gruppo di ragazze "feroci" (vedi nota) motivo per cui questa ricetta potrebbe essere il frutto di un sogno lisergico. Si spiegherebbe quindi il fatto che, per quanto abbia ricercato, non ho trovato in rete ed in letteratura nulla di simile.


Ingredienti (per 4 persone)
2 Gransoni o Grenseole (Grancevola - Maja Squinado)
Olio Extra Vergine d'oliva
Vino bianco


Discussione deli ingredienti
"Gransoni" e/o "Granseole". Con questi termini si indicano il genere maschile e femminile della Grancevola (Maya Squinado). Il primo è generalmente di dimensioni più generose. La seconda ha carni più delicate. Da comprare vivi. E' magrissima e ricca di proteine nobili, calcio, fosforo e vitamine del gruppo B. 100 gr. di polpa forniscono circa 80 calorie pari a 65 gr. di carne di manzo magra.
PS La grancevola deve essere tuffata nell'acqua bollente viva. Smitizziamo un fatto una volta per tutte. Quando il crostaceo (si tratta di crostaceo.... cozze, ostriche e vongole sono molluschi) viene tuffato nell'acqua bollente lo shock termico è tale che lo stordimento è immediato e la sofferenza non è prolungata nel tempo. Se li tuffate nell'acqua fredda che portate ad ebollizione invece li uccidete lentamente. Tenete presente che in natura anche le Grancevole non vanno per il sottile. Spezzano e tranciano con le loro chele piccole ed indifese prede. E poi ricordate o tutto o niente. Non potete avere compassione dell'aragosta o del povero cavallo quando invece del maiale, che evidentemente ha scarsa coscienza sindacale, non si butta via niente. La scelta è tra essere vegetariani o onnivori.... o forse anche il sedano soffre?


Realizzazione
Portate ad ebollizione una pentola capiente con abbondante acqua leggermente salata (diciamo 2 lt e 1/2 con un cucchiaino di sale). Quando l'acqua bolle (e solo quando questa bolle) tuffate le grancevole nella piscina riscaldata... ditele che lo fate per curargli i reumatismi.. si tratta di una bugia a fin di bene.
Quando le avete tuffate le lascerete bollire per 10 minuti (attenzione non di più).
A questo punto si tolgono dalla pentola. Bisogna aspettare qualche secondo che si raffredino. Aprite il carapace. Ripulite completamente l'interno tenendo esclusivamente il costato bianco che nei vari scomparti contiene la parte mnuscolosa (la carne bianca) che pilota le zampe (pubblicherò a breve un filmatino su questo contemporaneamente alla ricetta classica della grancevola mostrando come si pulisce). Questo costato si taglia a metà orizzontalmente con un coltello. Si mette questo costato tagliato a metà e le chele schiacciate con uno schiaccianoci in una teglia. Si sala, si pepa, filo d'olio, rosmarino e spruzzata di vino bianco. Si inforna la teglia a 180° per 10/15 minuti per portare a termine la cottura.
Si sforna e si serve e poco dopo ci si leccheranno le dita.


Nota: Ragazze "Feroci"
Feroci non è qui vocabolo da intendere in senso letterario. Molti anni fa dalle nostre parti si poteva incontrare un uomo, ne giovane ne vecchio, mentalmente disturbato sebbene innocuo e spesso autore di trovate esileranti, che rispondeva al nome di.... non ricordo il suo nome è passato troppo tempo o forse sto invecchiando o peggio sono vere entrambe le cose. Comunque quest'uomo, girando per le strade del mio paese con predilezione per il lungomare, sempre a piedi e spingendo una bicicletta sul manubrio della quale era immancabile una borsina di nylon dal misterioso contenuto, apostrofava alcune donne con termini quali "Feroci" o "Diavolesse" dove tuttavia il termine non suonava sprezzante e l'atteggiamento non era cattivo ne dispregiativo ne tanto meno poteva essere una inquisitrice reprimenda. Era invece una certificazione pubblica di bellezza non necessariamente ed esclusivamente fisica.

14/09/10

Scampi alla Busara

Si tratta di una ricetta piuttosto famosa dalle mie parti e particolarmente succulenta. Non deve mancare il pane in tavola quando si servono gli Scampi alla Busara.
Devo citare in questo caso Cesare Fonda Enogastronomo friulano dal cui libro (Trieste in cucina - Italo Svevo editore) sono stati tratti vari spunti per descrivere la ricetta e soprattutto alcune annotazioni storiche.
Si tratta di una ricetta di origine fiumana (Fiume - Rijeka) o dalmata fatta propria dai triestini prima e dai veneti poi. Il piatto è stato assimilato a tal punto che a Trieste (ma anche a Chioggia e Venezia) viene proposto praticamente come un piatto tipico.
Il piatto in questione è una seconda portata, non banale nella sua realizzazione ma nemmeno particolarmente complicata. Un qualunque cuoco casereccio di minima esperienza è in grado di eseguire la ricetta con una certa facilità. Ovviamente la regola è sempre quella: primo non prenderle. Quindi se puntate tutto su questo piatto per farvi comperare una Louis Vuitton dal vostro Lui o il cellulare con la mela intorno dalla vostra Lei dovreste perlomeno testarla.

PS Non è un piatto adatto a schizzinosi che non intendono sporcarsi le mani a nessun costo.

PS Un'ottima variante del piatto si ottiene sostituendo agli scampi le "canoccie" ossia le cicale di mare.


Ingredienti
1 Kg di scampi
2 spicchi d'aglio
1 cipolla bianca
Una tazza - 200/250 gr di pomodori fiaschetta
Pangrattato
Vino bianco
Olio EVO
Sale e pepe


Discussione degli ingredienti

Pezzatura
Scampi (Nephrops norvegicus): Ovviamente si dovrebbero utilizzare scampi freschi. Tuttavia nella maggiorparte dei casi questi non saranno disponibili e se disponibili le Lei potranno comperarsi direttamente la Luois Vuitton ed i Lui il telefonino con la mela intorno che spenderanno decisamente meno..... a meno di non essere l'amante dela pescivendolo/la. Se proprio siete fortunati (abitate in una zona di mare o nei pressi), vi è una pescheria di fiducia, il prezzo abbordabile questa dovrebbe essere la prima scelta. Alternativamente potrete anche utilizzare del prodotto congelato. Vi sono scampi congelati di ottima qualità. Si scongelano in mezza giornata. Attenzione il processo di decongelamento è essenziale. Infatti il prodotto dovrebbe essere scongelato lentamente (ad esempio in frigorifero nella zona meno fredda). In frigorifero in mezza giornata si scongelano gli scampi. Mai e poi mai ricorrere al forno a microonde!. Sulla dimensione degli scampi da utilizzare vi è discordanza. Infatti molte ricette riportano la dicitura "grossi scampi" ma in realtà gli scampi non dovrebbero essere di notevoli dimensioni dato che nell'Adriatico non si catturano scampi molto grandi. Dipende in ogni caso dai gusti. Io li preferisco piccolini con una pezzatura superiore a 16/18. Cos'è la pezzatura? Se guardate la confezione dovrebbe esserci una copia di numeri tipo 14/16 che indica quanti esemplari servono per ottenere un kg di prodotto. Quindi se avete comperato degli scampi congelati in confezione da 1 kg i numeretti vi dicono quanti animali troverete dentro la scatola. Non serve quindi che la apriate!. Il prodotto fresco ovviamente è un'altra cosa.

Pomodoro: Bel problema. In realtà a seconda di  cosa si utilizza il risultato finale cambia di molto... ma proprio molto. Pensiamo al pomodoro fresco, ai pelati in barattolo o alla passata di pomodoro. La ricetta prevede comunque il pomodoro fresco. Tuttavia il pomodoro dovrebbe essere un pomodoro autoctono della Croazia  se proprio si volesse essere fedeli alla ricetta. La mia preferenza va ai pomodori fiaschetta freschi pelati e sminuzzati. Ve ne serve una tazza (sono circa 200/250 grammi). In alternativa pelati.... per la passata non saprei.

Pepe nero: Può essere sostituito dal peperoncino. In questo caso, il peperoncino, si aggiunge insieme al pomodoro.Il pepe invece come da ricetta generosamente "grattuggiato" prima di servire.

La pentola da utilizzare
Sarebbe da utilizzare una pirofila in ceramica o una pentola in coccio come quella di cui riporto l'immagine.


Realizzazione

Rosolate nell'olio il trito di cipolla e di aglio sino a quando non abbia assunto un leggero colore dorato, quindi adagiatevi gli scampi,
salate leggermente e coprite. Occhio che gli scampi dvono essere esclusivamente "adagiati". Cioè non dovete mescolare o che. Questa operazione ha un unico obiettivo: quello di far colare nel soffritto il "sugo" o "succo" degli scampi. Infatti li adagierete sul letto di cipolla, metterete il coperchio e li lascerete li a farsi la sauna 3/5 minuti (i 3/5 minuti identificano il minimo ed il massimo). Passato questo tempo togliete gli scampi e li terrete da parte. Li potete mettere in una terrina avendo l'accortezza di coprirla con dell'alluminio. Così ne manterrete la temperatura e l'umidità. Quando toglierete gli scampi noterete che il soffritto s'è arricchito come se fosse stato aggiunto del brodo.
Opzionalmente a questo punto nella casseruola si aggiunge una mezza manciata di pangrattato e lo si fa rosolare qualche minuto (stiamo parlando di 1/2 minuti) dopodichè si versa il vino e si alza la fiamma. Il vino deve evaporare perlomeno tutta la parte alcolica, deve arrivare a bollore ed asciugare per lo meno fino e ridurre il suo volume. Il volume complessivo dovrebbe ritornare ad essere quello che il trito con il sugo di scampi aveva prima di aggiungere il vino. Se questa operazione durasse (più di 5 minuti?) troppo vuol dire che: il fuoco è troppo basso o avete aggiunto troppo vino.

Dopo l'evaporazione del vino si aggiungono i pomodori, si abbassa la fiamma, si sala leggermente e si copre. Si continua quindi la cottura per 20 minuti. Questo serve per "cucinare" il pomodoro. Infatti in questi 20 minuti cambiano le caratteristiche organolettiche del pomodoro. Altrimenti si avrà sempre il metallico sapore del pomodoro crudo.

Pirofila in coccio
Trascorso questo tempo, facendo attenzione che il sugo non si riduca troppo o adirittura si "attacchi" al coccio, allungate con un sorso d'acqua il sugo. Riponete nel coccio anche gli scampi che questa volta dovranno ben intingersi nel sugo e coprite con il coperchio. Cucinate ancora per un massimo di 7 minuti. Questo tempo permetterà agli scampi di riscaldarsi per benino ed ultimare la propria cottura.
Prima di rituffare gli scampi nella pentola io, solitamente, ne incido dorso. Questo facilita l'operazione di apertura del carapace quando li mangerete. Passato questo tempo si toglie dal fuoco e si completa con un'abbondante macinata di pepe nero.
Io porto il coccio direttamente in tavola... altrimenti potete anche comporre i piatti e versarvi sopra il sugo. Vedete voi.

02/09/10

Sardele in saore (Sarde in Saore)

Si tratta di un celebre piatto della tradizione veneziana in genere oltre che della cucina chioggiotta in particolare. La versione veneziana (qui riportata) differisce dalla versione chioggiotta solo per la presenza dell'uva sultanina e dei pinoli che pur avendo un loro perchè conferiscono al piatto un tocco di "nobiltà" e "raffinatezza".
Il piatto non è particolarmente facile da eseguire. Diciamo che si tratta di un piatto di media difficoltà. Una importante considerazione che mi sento di fare è la seguente: non cercate di realizzare questo piatto se non avete idea di cosa stiamo parlando. Ossia passate per qualche ristorante clodiense assaggiatene qualche variante e poi se lo trovate interessante provatelo
E' un piatto che si presta ad essere servito come antipasto sebbene il suo gusto sia piuttosto consistente. Ovviamente i piatti dovrebbero essere serviti come i fuochi d'artifico ossia servendo piatti via via più gustosi. Le "Sardele in saore" è un piatto molto gustoso per la presenza dell'aceto e della cipolla. Per trovare quindi spazio nel piatto degli antipasti ne dovrebbero essere servite non più di tre o quattro per commensale. In un antipasto misto non dovrebbero essere più di due. Ovviamente avete il vantaggio che si conservano a lungo e quindi potete farvi un antipastino per più di qualche giorno a seguire dalla preparazione.
E' un piatto la cui caratteristica intrinseca è la lunga conservabilità e quindi si prestava bene ad essere realizzato a casa per poi successivamente portarlo in mare dove doveva durare almeno qualche giorno. Molte preparazioni della cucina chioggiotta rispetta questo parametro importante: la conservabilità! Basta pensare che il pane nelle cambuse dei pescherecci è perlopiù costituito da pan-biscotto che nella sua evoluzione locale è diventato il famoso "bossolà".
E' un piatto intenso ed interessante in cui si sfidano a duello il carattere dolce della cipolla, quello sapido della sarda e quello agro dell'aceto. Un'apparente anarchia di sapori.

In realtà più che di "Sardele in saore" si dovrebbe parlare di "Saore" in generale dato che la preparazione può trascendere dal pesce utilizzato. Infatti famosi sono i "sfogetti in saore" (sogliolette) o gli "scampi in saore". Se siete abili potrete facilemente cimentarvi in altre tipologie di preparazione utilizzando questa come base di partenza.


Ingredienti

600 gr di Sarde
400 gr di cipolle bianche
Olio Extra vergine d'oliva
Olio di semi
3 dl d'aceto bianco
farina
qualche grano di pepe
mezzo bicchiere di vino
2/3 chiodi di garofano
50 gr di uva sultanina
50 gr di pinoli

Discussione degli ingredienti


Sarde/Sardele: Mi sono fatto aiutare da Maya (vecchio beagle di mare e sapiente pescatore che ha sfidato i marosi per molti anni - anch'esso juventino) per redarre questo piccolo vocabolarietto delle denominazioni chioggiotte

Sardela -> Sarda (Sardina pilchardus)
Sardon -> Acciuga o se giovane Alice (Engraulis encrasicolus)
Renga -> Papalina (Sprattus sprattus)

Attenzione con il nome scientifico "Sarda sarda" si indica la palamita che non c'entra con nessuno dei gruppi su menzionati.

Queste sono denominazioni chioggiotte.... no bici no moto no discussioni.

La sarda (sardela) si trova tutto l'anno. Il meglio di se tuttavia lo da nel periodo estivo in cui è particolarmente grassa. Durante il periodo invernale si rifugia nel fondale e dimagrisce.
Le "sardele" (sarde) vanno pulite, nel senso che devone essere private delle scaglie e delle interiora. Io preferisco di gran lunga se vengono anche de-liscate ed aperte a libro come potete vedere nel seguente video:



Ovviamente questa finezza non è assolutamente necessaria. Tuttavia i commensali in genere preferiscono di gran lunga la sarda aperta, pulita e senza lisca. Potreste anche decidere di de-liscarne solo una parte servendo quelle intere al commensale sgradito o antipatico giusto per fargli/le capire qualcosa senza necessità di prenderlo a sardate in testa.

Cipolla: la ricetta originale, per lo meno nella variante chioggiotta, prevederebbe l'utilizzo della cipolla bianca coltivata dagli ortolani di Sottomarina di Chioggia. Ovviamente potete anche utilizzare anche una cipolla provenienta da una diversa area di produzione. Eviterei in prima battuta esperimenti con cipolle rinomate sebbene io abbia assaggiato un saore sublime in cui era stata utilizzata la cipolla di Tropea.

Aceto: Aceto di vino bianco. Non aceto di mele ma aceto di vino bianco. Non aceto balsamico o di vino rosso ma aceto di vino bianco.... più semplice di così. Se qualche insano di mente si mettessa all'opera alle dieci della sera e si accorgesse di non avere a disposizione aceto di vino bianco è spacciato. Ingrediente tanto banale quanto essenziale. Eventualmente provate a chiedere al vicino che a quell'ora probabilmente sarà appisolato davanti alla televisione.

Chiodi di garofano: Occhio che devono essere due o tre perchè i chiodi di garofano hanno una spiccata personalità e tendono a profumare il piatto. E' un ingrediente "non necessario".

Uvetta sultanina e pinoli: Questi ingredienti differenzano la variante popolare chioggiotta da quella nobile veneziana. Potete farne senza non è una tragedia. Se disponibili tuttavia hanno una loro ragione di esistere nel piatto. Non esagerate nelle dosi di questi ingredienti che devono essere comprimari e non protagonisti del piatto.

Olio: Allora qui si apre una discussione piuttosto importante sugli olii da utilizzare. Infatti, per questa ricetta, le sarde vanno fritte nell'olio di semi che potrebbe essere anche un olio di arachidi che ha un punto di fumo abbastanza alto. L'olio d'oliva del resto non era propriamente particolarmente diffuso nell'area lagunare e comunque piuttosto prezioso per essere utilizzato come olio per friggere. Il fritto infatti tendenzialmente veniva fatto utilizzando olio di semi di vario genere. Essendo una ricetta tradizionale tendo in questo caso a mantenermi allineato a questa ortodossia. Nulla vieta che possa essere utilizzato un olio d'oliva anche per friggere tuttavia in questo caso verrebbe meno la denominazione "piatto originale"... sto scherzando ovviamente.


Realizzazione

Spero che la vostra cucina sia separata dal resto della casa dato che l'odore di fritto appesterà l'ambiente per decenni.
Innanzitutto si prepara l'uvetta facendola rinvenire nel vino bianco. Si puliscono quindi le sarde, si squamano e si tolgono le interiora. Si toglie la testa ed eventualmente la lisca. Più si puliscono e più i commensali potranno concentrarsi sul piacere (ma questa è una mia personalissima considerazione). Si faccia riferimento comunque alla precedente discussione degli ingredienti. Dopo averle pulite bene, le sarde vanno fritte. Si passano nella farina e si tuffano nell'olio bollente. Si dovrebbero friggere su una padella. La friggitrice non è particolarmente indicata per questo tipo di preparazione. infatti si deve procedere a vista. Tuttavia chi ha esperienza è in grado di decidere che strumentazione utilizzare o in quale maniera.
Le sarde tuffate nelloì'olio si lasciano dorare da entrambe le parti avendo l'accortezza di non prolungare eccessivamente la cottura. Si friggono via via tutte le sarde preparate. E' importante quando si tolgono le sarde fritte dalla padella aciugarle per bene con la carta da cucina.
Una volta fritte le sarde le si mette da parte e si passa a preparare la cipolla. La si deve affettare molto finemente. Deve essere affettata non sbriciolata. Questo vuol dire che non la puoi mettere nel frullatore a "affettarla". Si può utilizzare una pentola antiaderente nella quale le cipolle si devono fare appassire in due cucchiai d'olio (per far appassire le cipolle uso l'olio di oliva). La cipolla deve appssire non cucinare. Il fuoco quindi non deve essere vivace. La cipolla non deve friggere ma quasi "stufare" mescolando spesso per evitare che cucinino "troppo" le parti a contatto con il tegame. Quando la cipolla sarà trasparente e avrà perso la sua consistenza si unisce l'aceto, i chiodi di garofano e i grani di pepe nero. Si porta ad ebollizione e si fa bollire per 3 minuti circa. Bene a questo punto la parte più delicata. Si prende una terrina e si fa uno strato di sarde ed uno strato di cipolle (avete presente il tiramisù). ad ogni strato aggiungete anche i pinoli e l'uvetta sultanina in maniera uniforme. Finito di disporre il tutto versate uniformemente sulla preparazione anche il sugo rimasto nel tegame. Dovete a questo punto fare "riposare" il piatto 12/24 ore prima di essere servito (buona idea prepararlo il giorno prima). Si copre la terrina con della pellicola trasparente e la si conserva al fresco (può bene la parte meno fredda del frigo o in veranda d'inverno). Attenzione a togliere dal frigo qualche ora prima di servire dato che non va servito freddo ma a temperatura ambiente.

La padella di ferro.

La padella di ferro, come direbbe Niko, è un must. Una volta imparato ad usarla non si smette più. Infatti il ferro è particolarmente adatto per cotture brevi e ad alta temperatura. I fritti infatti riescono particolarmente bene. Si tratta di qualcosa di simile a quella riportata nella figura a sinistra (si tratta di una pentola Agnelli se non sbaglio). Non è ricoperta in teflon occhio... è proprio ferro e basta. E' importante sapere anche come lavare la pentola in ferro. Infatti si lava con la paglietta di ferro, sgrassandola per bene e togliendo qualsiasi traccia di grasso ed eventuali resiui sia internamente che esternamente. Una volta lavata si rimette sul fuoco lasciandola riscaldare per far evaporare qualsiasi residuo d'acqua. A questo punto si toglie dal fuoco si versa un filo d'olio e con uno straccio o un tovagliolino spesso di carta si strofina l'olio su tutta la superficie interna ed esterna. Questa operazione serve per evitare che la pentola si ossidi dato che il ferro è particolarmente attaccabile dagli agenti esterni.