14/09/10

Scampi alla Busara

Si tratta di una ricetta piuttosto famosa dalle mie parti e particolarmente succulenta. Non deve mancare il pane in tavola quando si servono gli Scampi alla Busara.
Devo citare in questo caso Cesare Fonda Enogastronomo friulano dal cui libro (Trieste in cucina - Italo Svevo editore) sono stati tratti vari spunti per descrivere la ricetta e soprattutto alcune annotazioni storiche.
Si tratta di una ricetta di origine fiumana (Fiume - Rijeka) o dalmata fatta propria dai triestini prima e dai veneti poi. Il piatto è stato assimilato a tal punto che a Trieste (ma anche a Chioggia e Venezia) viene proposto praticamente come un piatto tipico.
Il piatto in questione è una seconda portata, non banale nella sua realizzazione ma nemmeno particolarmente complicata. Un qualunque cuoco casereccio di minima esperienza è in grado di eseguire la ricetta con una certa facilità. Ovviamente la regola è sempre quella: primo non prenderle. Quindi se puntate tutto su questo piatto per farvi comperare una Louis Vuitton dal vostro Lui o il cellulare con la mela intorno dalla vostra Lei dovreste perlomeno testarla.

PS Non è un piatto adatto a schizzinosi che non intendono sporcarsi le mani a nessun costo.

PS Un'ottima variante del piatto si ottiene sostituendo agli scampi le "canoccie" ossia le cicale di mare.


Ingredienti
1 Kg di scampi
2 spicchi d'aglio
1 cipolla bianca
Una tazza - 200/250 gr di pomodori fiaschetta
Pangrattato
Vino bianco
Olio EVO
Sale e pepe


Discussione degli ingredienti

Pezzatura
Scampi (Nephrops norvegicus): Ovviamente si dovrebbero utilizzare scampi freschi. Tuttavia nella maggiorparte dei casi questi non saranno disponibili e se disponibili le Lei potranno comperarsi direttamente la Luois Vuitton ed i Lui il telefonino con la mela intorno che spenderanno decisamente meno..... a meno di non essere l'amante dela pescivendolo/la. Se proprio siete fortunati (abitate in una zona di mare o nei pressi), vi è una pescheria di fiducia, il prezzo abbordabile questa dovrebbe essere la prima scelta. Alternativamente potrete anche utilizzare del prodotto congelato. Vi sono scampi congelati di ottima qualità. Si scongelano in mezza giornata. Attenzione il processo di decongelamento è essenziale. Infatti il prodotto dovrebbe essere scongelato lentamente (ad esempio in frigorifero nella zona meno fredda). In frigorifero in mezza giornata si scongelano gli scampi. Mai e poi mai ricorrere al forno a microonde!. Sulla dimensione degli scampi da utilizzare vi è discordanza. Infatti molte ricette riportano la dicitura "grossi scampi" ma in realtà gli scampi non dovrebbero essere di notevoli dimensioni dato che nell'Adriatico non si catturano scampi molto grandi. Dipende in ogni caso dai gusti. Io li preferisco piccolini con una pezzatura superiore a 16/18. Cos'è la pezzatura? Se guardate la confezione dovrebbe esserci una copia di numeri tipo 14/16 che indica quanti esemplari servono per ottenere un kg di prodotto. Quindi se avete comperato degli scampi congelati in confezione da 1 kg i numeretti vi dicono quanti animali troverete dentro la scatola. Non serve quindi che la apriate!. Il prodotto fresco ovviamente è un'altra cosa.

Pomodoro: Bel problema. In realtà a seconda di  cosa si utilizza il risultato finale cambia di molto... ma proprio molto. Pensiamo al pomodoro fresco, ai pelati in barattolo o alla passata di pomodoro. La ricetta prevede comunque il pomodoro fresco. Tuttavia il pomodoro dovrebbe essere un pomodoro autoctono della Croazia  se proprio si volesse essere fedeli alla ricetta. La mia preferenza va ai pomodori fiaschetta freschi pelati e sminuzzati. Ve ne serve una tazza (sono circa 200/250 grammi). In alternativa pelati.... per la passata non saprei.

Pepe nero: Può essere sostituito dal peperoncino. In questo caso, il peperoncino, si aggiunge insieme al pomodoro.Il pepe invece come da ricetta generosamente "grattuggiato" prima di servire.

La pentola da utilizzare
Sarebbe da utilizzare una pirofila in ceramica o una pentola in coccio come quella di cui riporto l'immagine.


Realizzazione

Rosolate nell'olio il trito di cipolla e di aglio sino a quando non abbia assunto un leggero colore dorato, quindi adagiatevi gli scampi,
salate leggermente e coprite. Occhio che gli scampi dvono essere esclusivamente "adagiati". Cioè non dovete mescolare o che. Questa operazione ha un unico obiettivo: quello di far colare nel soffritto il "sugo" o "succo" degli scampi. Infatti li adagierete sul letto di cipolla, metterete il coperchio e li lascerete li a farsi la sauna 3/5 minuti (i 3/5 minuti identificano il minimo ed il massimo). Passato questo tempo togliete gli scampi e li terrete da parte. Li potete mettere in una terrina avendo l'accortezza di coprirla con dell'alluminio. Così ne manterrete la temperatura e l'umidità. Quando toglierete gli scampi noterete che il soffritto s'è arricchito come se fosse stato aggiunto del brodo.
Opzionalmente a questo punto nella casseruola si aggiunge una mezza manciata di pangrattato e lo si fa rosolare qualche minuto (stiamo parlando di 1/2 minuti) dopodichè si versa il vino e si alza la fiamma. Il vino deve evaporare perlomeno tutta la parte alcolica, deve arrivare a bollore ed asciugare per lo meno fino e ridurre il suo volume. Il volume complessivo dovrebbe ritornare ad essere quello che il trito con il sugo di scampi aveva prima di aggiungere il vino. Se questa operazione durasse (più di 5 minuti?) troppo vuol dire che: il fuoco è troppo basso o avete aggiunto troppo vino.

Dopo l'evaporazione del vino si aggiungono i pomodori, si abbassa la fiamma, si sala leggermente e si copre. Si continua quindi la cottura per 20 minuti. Questo serve per "cucinare" il pomodoro. Infatti in questi 20 minuti cambiano le caratteristiche organolettiche del pomodoro. Altrimenti si avrà sempre il metallico sapore del pomodoro crudo.

Pirofila in coccio
Trascorso questo tempo, facendo attenzione che il sugo non si riduca troppo o adirittura si "attacchi" al coccio, allungate con un sorso d'acqua il sugo. Riponete nel coccio anche gli scampi che questa volta dovranno ben intingersi nel sugo e coprite con il coperchio. Cucinate ancora per un massimo di 7 minuti. Questo tempo permetterà agli scampi di riscaldarsi per benino ed ultimare la propria cottura.
Prima di rituffare gli scampi nella pentola io, solitamente, ne incido dorso. Questo facilita l'operazione di apertura del carapace quando li mangerete. Passato questo tempo si toglie dal fuoco e si completa con un'abbondante macinata di pepe nero.
Io porto il coccio direttamente in tavola... altrimenti potete anche comporre i piatti e versarvi sopra il sugo. Vedete voi.

02/09/10

Sardele in saore (Sarde in Saore)

Si tratta di un celebre piatto della tradizione veneziana in genere oltre che della cucina chioggiotta in particolare. La versione veneziana (qui riportata) differisce dalla versione chioggiotta solo per la presenza dell'uva sultanina e dei pinoli che pur avendo un loro perchè conferiscono al piatto un tocco di "nobiltà" e "raffinatezza".
Il piatto non è particolarmente facile da eseguire. Diciamo che si tratta di un piatto di media difficoltà. Una importante considerazione che mi sento di fare è la seguente: non cercate di realizzare questo piatto se non avete idea di cosa stiamo parlando. Ossia passate per qualche ristorante clodiense assaggiatene qualche variante e poi se lo trovate interessante provatelo
E' un piatto che si presta ad essere servito come antipasto sebbene il suo gusto sia piuttosto consistente. Ovviamente i piatti dovrebbero essere serviti come i fuochi d'artifico ossia servendo piatti via via più gustosi. Le "Sardele in saore" è un piatto molto gustoso per la presenza dell'aceto e della cipolla. Per trovare quindi spazio nel piatto degli antipasti ne dovrebbero essere servite non più di tre o quattro per commensale. In un antipasto misto non dovrebbero essere più di due. Ovviamente avete il vantaggio che si conservano a lungo e quindi potete farvi un antipastino per più di qualche giorno a seguire dalla preparazione.
E' un piatto la cui caratteristica intrinseca è la lunga conservabilità e quindi si prestava bene ad essere realizzato a casa per poi successivamente portarlo in mare dove doveva durare almeno qualche giorno. Molte preparazioni della cucina chioggiotta rispetta questo parametro importante: la conservabilità! Basta pensare che il pane nelle cambuse dei pescherecci è perlopiù costituito da pan-biscotto che nella sua evoluzione locale è diventato il famoso "bossolà".
E' un piatto intenso ed interessante in cui si sfidano a duello il carattere dolce della cipolla, quello sapido della sarda e quello agro dell'aceto. Un'apparente anarchia di sapori.

In realtà più che di "Sardele in saore" si dovrebbe parlare di "Saore" in generale dato che la preparazione può trascendere dal pesce utilizzato. Infatti famosi sono i "sfogetti in saore" (sogliolette) o gli "scampi in saore". Se siete abili potrete facilemente cimentarvi in altre tipologie di preparazione utilizzando questa come base di partenza.


Ingredienti

600 gr di Sarde
400 gr di cipolle bianche
Olio Extra vergine d'oliva
Olio di semi
3 dl d'aceto bianco
farina
qualche grano di pepe
mezzo bicchiere di vino
2/3 chiodi di garofano
50 gr di uva sultanina
50 gr di pinoli

Discussione degli ingredienti


Sarde/Sardele: Mi sono fatto aiutare da Maya (vecchio beagle di mare e sapiente pescatore che ha sfidato i marosi per molti anni - anch'esso juventino) per redarre questo piccolo vocabolarietto delle denominazioni chioggiotte

Sardela -> Sarda (Sardina pilchardus)
Sardon -> Acciuga o se giovane Alice (Engraulis encrasicolus)
Renga -> Papalina (Sprattus sprattus)

Attenzione con il nome scientifico "Sarda sarda" si indica la palamita che non c'entra con nessuno dei gruppi su menzionati.

Queste sono denominazioni chioggiotte.... no bici no moto no discussioni.

La sarda (sardela) si trova tutto l'anno. Il meglio di se tuttavia lo da nel periodo estivo in cui è particolarmente grassa. Durante il periodo invernale si rifugia nel fondale e dimagrisce.
Le "sardele" (sarde) vanno pulite, nel senso che devone essere private delle scaglie e delle interiora. Io preferisco di gran lunga se vengono anche de-liscate ed aperte a libro come potete vedere nel seguente video:



Ovviamente questa finezza non è assolutamente necessaria. Tuttavia i commensali in genere preferiscono di gran lunga la sarda aperta, pulita e senza lisca. Potreste anche decidere di de-liscarne solo una parte servendo quelle intere al commensale sgradito o antipatico giusto per fargli/le capire qualcosa senza necessità di prenderlo a sardate in testa.

Cipolla: la ricetta originale, per lo meno nella variante chioggiotta, prevederebbe l'utilizzo della cipolla bianca coltivata dagli ortolani di Sottomarina di Chioggia. Ovviamente potete anche utilizzare anche una cipolla provenienta da una diversa area di produzione. Eviterei in prima battuta esperimenti con cipolle rinomate sebbene io abbia assaggiato un saore sublime in cui era stata utilizzata la cipolla di Tropea.

Aceto: Aceto di vino bianco. Non aceto di mele ma aceto di vino bianco. Non aceto balsamico o di vino rosso ma aceto di vino bianco.... più semplice di così. Se qualche insano di mente si mettessa all'opera alle dieci della sera e si accorgesse di non avere a disposizione aceto di vino bianco è spacciato. Ingrediente tanto banale quanto essenziale. Eventualmente provate a chiedere al vicino che a quell'ora probabilmente sarà appisolato davanti alla televisione.

Chiodi di garofano: Occhio che devono essere due o tre perchè i chiodi di garofano hanno una spiccata personalità e tendono a profumare il piatto. E' un ingrediente "non necessario".

Uvetta sultanina e pinoli: Questi ingredienti differenzano la variante popolare chioggiotta da quella nobile veneziana. Potete farne senza non è una tragedia. Se disponibili tuttavia hanno una loro ragione di esistere nel piatto. Non esagerate nelle dosi di questi ingredienti che devono essere comprimari e non protagonisti del piatto.

Olio: Allora qui si apre una discussione piuttosto importante sugli olii da utilizzare. Infatti, per questa ricetta, le sarde vanno fritte nell'olio di semi che potrebbe essere anche un olio di arachidi che ha un punto di fumo abbastanza alto. L'olio d'oliva del resto non era propriamente particolarmente diffuso nell'area lagunare e comunque piuttosto prezioso per essere utilizzato come olio per friggere. Il fritto infatti tendenzialmente veniva fatto utilizzando olio di semi di vario genere. Essendo una ricetta tradizionale tendo in questo caso a mantenermi allineato a questa ortodossia. Nulla vieta che possa essere utilizzato un olio d'oliva anche per friggere tuttavia in questo caso verrebbe meno la denominazione "piatto originale"... sto scherzando ovviamente.


Realizzazione

Spero che la vostra cucina sia separata dal resto della casa dato che l'odore di fritto appesterà l'ambiente per decenni.
Innanzitutto si prepara l'uvetta facendola rinvenire nel vino bianco. Si puliscono quindi le sarde, si squamano e si tolgono le interiora. Si toglie la testa ed eventualmente la lisca. Più si puliscono e più i commensali potranno concentrarsi sul piacere (ma questa è una mia personalissima considerazione). Si faccia riferimento comunque alla precedente discussione degli ingredienti. Dopo averle pulite bene, le sarde vanno fritte. Si passano nella farina e si tuffano nell'olio bollente. Si dovrebbero friggere su una padella. La friggitrice non è particolarmente indicata per questo tipo di preparazione. infatti si deve procedere a vista. Tuttavia chi ha esperienza è in grado di decidere che strumentazione utilizzare o in quale maniera.
Le sarde tuffate nelloì'olio si lasciano dorare da entrambe le parti avendo l'accortezza di non prolungare eccessivamente la cottura. Si friggono via via tutte le sarde preparate. E' importante quando si tolgono le sarde fritte dalla padella aciugarle per bene con la carta da cucina.
Una volta fritte le sarde le si mette da parte e si passa a preparare la cipolla. La si deve affettare molto finemente. Deve essere affettata non sbriciolata. Questo vuol dire che non la puoi mettere nel frullatore a "affettarla". Si può utilizzare una pentola antiaderente nella quale le cipolle si devono fare appassire in due cucchiai d'olio (per far appassire le cipolle uso l'olio di oliva). La cipolla deve appssire non cucinare. Il fuoco quindi non deve essere vivace. La cipolla non deve friggere ma quasi "stufare" mescolando spesso per evitare che cucinino "troppo" le parti a contatto con il tegame. Quando la cipolla sarà trasparente e avrà perso la sua consistenza si unisce l'aceto, i chiodi di garofano e i grani di pepe nero. Si porta ad ebollizione e si fa bollire per 3 minuti circa. Bene a questo punto la parte più delicata. Si prende una terrina e si fa uno strato di sarde ed uno strato di cipolle (avete presente il tiramisù). ad ogni strato aggiungete anche i pinoli e l'uvetta sultanina in maniera uniforme. Finito di disporre il tutto versate uniformemente sulla preparazione anche il sugo rimasto nel tegame. Dovete a questo punto fare "riposare" il piatto 12/24 ore prima di essere servito (buona idea prepararlo il giorno prima). Si copre la terrina con della pellicola trasparente e la si conserva al fresco (può bene la parte meno fredda del frigo o in veranda d'inverno). Attenzione a togliere dal frigo qualche ora prima di servire dato che non va servito freddo ma a temperatura ambiente.

La padella di ferro.

La padella di ferro, come direbbe Niko, è un must. Una volta imparato ad usarla non si smette più. Infatti il ferro è particolarmente adatto per cotture brevi e ad alta temperatura. I fritti infatti riescono particolarmente bene. Si tratta di qualcosa di simile a quella riportata nella figura a sinistra (si tratta di una pentola Agnelli se non sbaglio). Non è ricoperta in teflon occhio... è proprio ferro e basta. E' importante sapere anche come lavare la pentola in ferro. Infatti si lava con la paglietta di ferro, sgrassandola per bene e togliendo qualsiasi traccia di grasso ed eventuali resiui sia internamente che esternamente. Una volta lavata si rimette sul fuoco lasciandola riscaldare per far evaporare qualsiasi residuo d'acqua. A questo punto si toglie dal fuoco si versa un filo d'olio e con uno straccio o un tovagliolino spesso di carta si strofina l'olio su tutta la superficie interna ed esterna. Questa operazione serve per evitare che la pentola si ossidi dato che il ferro è particolarmente attaccabile dagli agenti esterni.